VILFREDO PARETO (Sociologia)
Comportamenti razionali e irrazionali
Il
tema del comportamento razionale è centrale nell'opera di Vilfredo
Pareto (1848-1923). Anche se oggi le sue teorie esercitano minor
influsso di quelle di Weber e Durkheim, hanno sicuramente influito nel
migliorare la comprensione dell'agire sociale e di quello politico.
Essendo stato un famoso economista, si occupò soprattutto dei
comportamenti economicamente razionali dei soggetti sociali, cioè di
quelle azioni che permettono di ottenere il massimo benessere possibile
con il minimo dispendio nel contesto di certe condizioni prefissate.
Pareto individuò nella sociologia la scienza in grado di studiare e
spiegare quei comportamenti irrazionali che costituiscono gran parte
dell'agire sociale e che sfuggono all'osservazione dell'economia.
L'azione logica
Pareto introduce il concetto di azione logica. Un'azione logica è tale quando l'individuo sceglie il mezzo giusto per ottenere il fine desiderato. Il mezzo giusto è il mezzo che, tra tutti quelli disponibili, consente di raggiungere il fine con il dispendio minore.
Le azioni non-logiche
Non sempre, tuttavia, il piano della mente e quello della realtà
coincidono, altrimenti l'azione umana potrebbe essere spiegata con gli
strumenti dell'economia. Spesso l'essere umano è convinto che certi
mezzi servano per raggiungere il suo scopo, ma la realtà si comporta in
maniera inaspettata. Quando ciò accade, ci troviamo in presenza di
azioni non logiche.
Le azioni non-logiche non sono azioni "assurde". Dal punto di vista del
soggetto possono essere molto razionali. Il problema è che invece nella
realtà non consentono di raggiungere lo scopo in maniera efficiente.
L'élite
Le
teorie sociali di Pareto lo portano ad elaborare una teoria elitista
della società. Se è vero che il comportamento umano è prevalentemente
irrazionale o, nella migliore delle ipotesi, non-logico, coloro che
riescono ad agire in maniera logica ottengono un vantaggio importante
nei confronti di tutti gli altri, sia perché raggiungono i propri scopi
più rapidamente e sicuramente degli altri, sia perché possono volgere a
proprio favore persino le azioni non-logiche altrui.
Pareto sostiene che questo tipo di soggetto, essendo in un certo senso
più "scaltro" degli altri, sia destinato ad occupare posizioni di
vertice nella gerarchia politica e sociale. La capacità di agire
logicamente e di utilizzare logicamente anche le azioni non-logiche è
ciò che per Pareto contraddistingue l'élite, cioè la classe dirigente.
Da un punto di vista molto importante per Pareto, l'élite coincide con
l'esiguo numero di individui che esercitano funzioni di governo in una
nazione. Pareto non attribuisce però una connotazione morale al concetto
di élite, bensì la considera una semplice categoria sociale neutrale
dove i pochi stanno sopra.
Se le ricchezze sono distribuite in maniera diseguale infatti, è perché
c'è un gruppo di pochi (élite) che prevale sui molti (la massa).
Il motivo della supremazia dei pochi è chiara: l'élite può costringere o
convincere la massa a ubbidirle. Nel secondo caso si tratta di
persuasione.
Secondo
Pareto, la sua teoria delle élite spiega le dinamiche sottese alla
lotta di classe di cui parlava Marx. Per spiegare in modo convincente il
problema, infatti, non è necessario soffermarsi sulla presunta
necessità, da parte del proletariato, di impossessarsi dei mezzi di
produzione a scapito della borghesia.
Commenti
Posta un commento