LETTURE
La ricerca della verità di Pietro Abelardo
Pietro Abelardo fu uno dei più importanti pensatori medievali. Nel Sic et non egli espone il metodo proprio della scolastica, che consisteva nel ricorso alla ragione per determinare la verità e l'uso della questio o disputa. Nel brano egli afferma di vedere in questa ricerca la possibilità di svegliare le menti degli studenti e una strada per giungere più pienamente alla verità. Il dubbio riportato nel testo è indice dell'ovvietà ed è stimolo per il ragionamento.
Lo studente e lo studio di Ugo di San Vittore
In questo testo, il maestro individua alcune indicazioni didattiche per aiutarlo a conquistare un sapere ampio e non superficiale.
Egli afferma che sono fondamentali, per coloro che si dedicano allo studio, le doti naturali, l'esercizio e la disciplina. Le doti naturali si rivelano quando lo studente capisce con facilità ciò che ascolta e lo conserva con memoria; l'esercizio riguarda la perfezione delle proprie doti naturali; per quanto riguarda la disciplina, l'allievo dovrà accordare il suo comportamento alla sua cultura.
Il maestro afferma poi che gli studenti devono disporre di ingegno ememoria. Queste due cose sono collegate e infatti l'ingegno acquista e la memoria conserva il sapere. Vi sono due attività che esercitano l'ingegno: la lettura e la meditazione. La lettura avviene quando si apprende qualcosa tramite un testo. La meditazione è attività di pensiero della persona.
Doveri del maestro di Bonvesin de la Riva
Bonvesin scrisse un poemetto latino, Vita Scholastica, che è una testimonianza della scuola del Duecento. Esso è composto da due libri e in particolare nel secondo tratta del compito del maestro. Come emerge nel testo, il maestro deve seguire quattro regole fondamentali.
La prima regola è dedicarsi allo studio in ogni momento a disposizione, o insegnato agli altri o leggendo per conto proprio.
La seconda regola è spiegare con ordine e chiarezza quando si insegna.
La terza regola è non tralasciare lo studio per conto proprio, se si vogliono evitare gli errori quando si insegna.
Infine la quarta regola è usare la lingua latina e costringere gli altri a servirsene.
In questo testo, il maestro individua alcune indicazioni didattiche per aiutarlo a conquistare un sapere ampio e non superficiale.
Egli afferma che sono fondamentali, per coloro che si dedicano allo studio, le doti naturali, l'esercizio e la disciplina. Le doti naturali si rivelano quando lo studente capisce con facilità ciò che ascolta e lo conserva con memoria; l'esercizio riguarda la perfezione delle proprie doti naturali; per quanto riguarda la disciplina, l'allievo dovrà accordare il suo comportamento alla sua cultura.Il maestro afferma poi che gli studenti devono disporre di ingegno ememoria. Queste due cose sono collegate e infatti l'ingegno acquista e la memoria conserva il sapere. Vi sono due attività che esercitano l'ingegno: la lettura e la meditazione. La lettura avviene quando si apprende qualcosa tramite un testo. La meditazione è attività di pensiero della persona.
Doveri del maestro di Bonvesin de la Riva
Bonvesin scrisse un poemetto latino, Vita Scholastica, che è una testimonianza della scuola del Duecento. Esso è composto da due libri e in particolare nel secondo tratta del compito del maestro. Come emerge nel testo, il maestro deve seguire quattro regole fondamentali.
La prima regola è dedicarsi allo studio in ogni momento a disposizione, o insegnato agli altri o leggendo per conto proprio. La seconda regola è spiegare con ordine e chiarezza quando si insegna.
La terza regola è non tralasciare lo studio per conto proprio, se si vogliono evitare gli errori quando si insegna.
Infine la quarta regola è usare la lingua latina e costringere gli altri a servirsene.
Lezioni e dispute
L'importanza della lettura
Il fulcro dello studio e dell'insegnamento era costituito dalla lettura di testi e dalla disputa. La lettura era l'attività principale di apprendimento e i testi erano di grammatica, teologia e di narrazione(Dicta Catonis). La lettura rappresentava la strada per la conoscenza della verità. Benché il sapere e la sua trasmissione fossero orali, l'architrave di ogni disciplina era il libro. Leggere significava riconoscere un'autorità e cercare di assimilarla per utilizzarla a raggiungere soluzioni per i problemi posti.
Come si leggeva
La lettura di un testo era assai complessa: comportava un'analisi della struttura del testo e la sua suddivisione in parti al fine di ottenere una chiarezza sempre maggiore. Ciascuna parte veniva poi esposta e commentata. Ugo di San Vittore ha delineato tre forme della lettura: per opera dello studente, per opera del docente o nello studio personale. Questi piani di lettura pongono in luce quanto il testo fosse al centro di una relazione e quanto il lavoro individuale fosse indispensabile per ampliare le conoscenze e l'apprendimento.
La disputa
Il compito del maestro era quello di far lezione, predicare e disputare. La disputa segnava il passaggio dall'argomentazione sulla base dell'autorità alla dimostrazione per mezzo della ragione. Era un momento di discussone dove si cercava di risolvere i contrasti e gli interrogativi. La disputa si fonda sull'uso della dialettica e sull'impiego della ragione nell'argomentazione. Il resoconto delle dispute veniva trascritto e costituisce una parte della letteratura medievale in ambito teologico e filosofico.
Le questioni
La disputa diede origine a un genere argomentativo e didattico, caratterizzato dalla raccolta di questioni a sé stanti o all'interno di Summae. Un esempio di un vero capolavoro di architettura intellettuale è la Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino. Esso ha quattro parti essenziali: la posizione del problema, l'esposizione delle opinioni a favore e quelle contrarie, la soluzione del maestro e infine la soluzione dei dubbi.
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